La bestemmia è ancora una presenza attiva o un’idea nel mondo della cultura di massa?
Attraverso sollecitazioni, provenienti dai social, un gruppo di antropologi, linguisti e giuristi ha affrontato ed approfondito tale tema.
Sicuramente, solo sullo sfondo, si colloca la vexata quanto derubricata quaestio del rapporto tra bestemmia e religione di Stato. È vasto il campo relativo allo studio della blasfemia e molteplici risultano i percorsi necessari per traversarlo. La televisione e il calcio, curiosamente, sono tra i più transitati e, proprio per questo, subiscono una censura davvero impensabile nel nostro tempo.
Gli autori, esplorando questi mondi verbali, emotivi o significativi, hanno trovato anche piccoli movimenti che rivendicano maggiore libertà di parola e auspicano divinità meno permalose che non si offendano per gli sfoghi degli esseri umani.
In generale la bestemmia, con intenzioni effettivamente blasfeme, appare quasi del tutto estinta: ne persiste l’eredità, riconoscibile in abitudini linguistiche, che in passato avevano caratterizzato alcune regioni d’Italia, certo non acattoliche. È per lo più in forma di eufemismo che oggi, di tali abitudini, resta molto più la forza espressiva che non il contenuto antireligioso.
Attraverso queste pagine gli autori auspicano che la bestemmia sia eliminata dal mondo delle sanzioni giuridiche e rimanga solo un aspetto – sempre interessante da studiare – degli stili verbali ed espressivi della gente.
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